A partire dalla fine del Settecento i fili di ragnatela venivano comunemente usati all’interno dei micrometri, strumenti impiegati in astronomia per misurare la posizione e la distanza degli oggetti osservati con i telescopi.
I micrometri erano stati inventati come calibri per misurare lo spessore e le dimensioni di oggetti piccoli, e vengono tuttora impiegati nelle officine meccaniche proprio con questo scopo. Il loro utilizzo in astronomia si deve a William Gascoigne, astronomo inglese del ‘600 che li utilizzò per misurare la dimensione angolare di un corpo celeste o la distanza angolare tra due stelle; Gascoigne non pensò subito ai fili di ragno per la griglia di misurazione e usò invece lancette metalliche parallele che si potevano muovere sul piano focale del telescopio.
Nel secolo successivo vennero usati diversi materiali per i “fili”, ognuno con i suoi vantaggi e svantaggi: le lamine di metallo andavano bene per corpi estesi, come il Sole o i pianeti, ma non per la distanza tra le stelle, perché erano troppo spessi per un oggetto puntiforme; fibre vegetali, fili di seta e capelli erano molto più sottili, ma assorbivano facilmente l’umidità durante le notti di osservazione, cambiando perciò spessore e lunghezza e modificando la misura. I fili metallici non avevano il problema dell’umidità, ma nel XVII e XVIII secolo non potevano essere prodotti con diametri inferiori a 20-30 μm, cioè alcuni milionesimi di metro. A noi sembra una dimensione piccolissima, ma l’ingrandimento del telescopio faceva sì che apparissero più grandi della stella osservata e la coprissero. Si provò così a usare la seta prodotta dai ragni, che è molto più sottile (3-4 μm), ma anche molto più elastica e resistente ad allungamenti e torsioni rispetto ai fili metallici.
Tanta era l’importanza di questi strumenti che nel 1883 l’astronomo David Gill scrisse anche un “libretto di istruzioni” per spiegare ai suoi colleghi come fare la raccolta, preparazione e montaggio dei fili di ragnatela su un micrometro.
L’installazione del filo di ragnatela è un procedimento che dovrebbe essere familiare a tutti gli astronomi pratici. […] Si cattura un ragno (la varietà è contraddistinta da una croce sul dorso, e nei giardini inglesi si trova nei pressi degli alberi marciti) e lo si mette su una forcella per filati. Immediatamente l’insetto attacca una ragnatela alla forcella e comincia a calarsi con il filo verso terra. Questo filo viene avvolto sulla forcella finché non si siano ottenute dieci o dodici spire, separate da uno spazio adeguato. Quindi si passa un pennello con vernice lungo i rebbi; in questo modo i fili di ragnatela sono fissati saldamente alla forcella. I rebbi paralleli della forcella devono essere sufficientemente distanziati in modo da permettere di inserire tra di essi il telaio portafili del micrometro […] posizionata con cura in modo che uno dei fili di ragno si trovi approssimativamente nel solco inciso nel telaio per riceverlo. Se la superficie del telaio è ben levigata, e i solchi sono incisi in modo netto, senza sbavature, il filo dovrebbe infilarsi prontamente e precisamente nella propria sede. […] Se eseguito da mani esperte questo metodo dà buoni risultati; tuttavia è preferibile il seguente procedimento, che di solito è seguito sul Continente. Si svolge da un bozzolo un filo, più lungo della larghezza del telaio di circa 2 pollici, e si attaccano due pezzetti di piombo alle sue estremità con della cera d’api. Si posa un’estremità del filo, con il suo peso attaccato, su un pezzo di sughero che galleggia in un bicchiere d’acqua; si lascia pendere l’altra estremità giù nell’acqua, dove si impregnerà e si distenderà completamente. Quindi lo si appoggerà sopra la forcella e lo si inserirà nei suoi solchi nel modo sopra descritto, mentre i piccoli pesi di piombo esercitano una certa tensione. Si applica subito vernice per fissare il filo, e non si deve toccare il telaio finché questa non sarà asciugata.
Testo di Mario Carpino e Cristina Zangelmi