Schiaparelli è famoso nel mondo per le sue osservazioni di Marte, cominciate per caso mentre esplorava le potenzialità del nuovo telescopio dell’Osservatorio Astronomico di Brera, entrato in attività nel 1875.
Quando Marte si trova in opposizione rispetto al Sole, ovvero quando la Terra si trova tra il Sole e Marte, si hanno le condizioni di osservazione più favorevoli, perché il pianeta rosso è visibile per tutta la notte e appare più grande e lminoso.
Schiaparelli osservò per la prima volta Marte proprio durante uno di questi periodi fortunati e si accorse che poteva distinguere molti più particolari di quanti ne fossero riportati nelle mappe dell’epoca. Iniziò così una serie di osservazioni sistematiche durante le opposizioni del pianeta, circa ogni due anni, e disegnò mappe ogni volta più precise e dettagliate. Queste mappe sono considerate il fondamento dell’areografia, cioè la geografia di Marte.
Ma perché le mappe di Schiaparelli apparivano così diverse dalle precedenti? Questo non è dovuto soltanto alla potenza del telescopio usato, ma anche, soprattutto, al metodo con cui Schiaparelli mappava la superficie del pianeta.
Mentre gli astronomi precedenti avevano semplicemente fatto disegni di ciò che vedevano attraverso l’oculare, Schiaparelli applicò invece un vero e proprio metodo cartografico seguendo “lo stesso principio, che si usa per la topografia terrestre. Un certo numero di punti distinti e facili a riconoscere, distribuiti con la maggior possibile uniformità su tutta la superficie del pianeta, si prende come rete fondamentale e si cerca di ottenerne la posizione con la massima esattezza. Tra questi poi s’interpolano le linee del tracciamento ed i minuti particolari a semplice estimazione d’occhio”.
Schiaparelli utilizzò quindi gli stessi metodi di triangolazione usati per le carte geografiche terrestri: scelse un punto di riferimento principale, in questo caso la direzione dell’asse di rotazione del pianeta e la posizione della calotta polare australe, trovò degli elementi facilmente distinguibili sulla superficie marziana, misurò le loro coordinate e disegnò poi quello che si trova all’interno di ogni settore della griglia così costruita, cercando di rispettare il più possibile le proporzioni delle caratteristiche che osservava.
Il risultato furono splendide mappe del pianeta rosso che che sono state la base di partenza di ogni studio della superficie marziana fino all’avvento delle missioni spaziali, che hanno fornito fotografie di alta qualità del suolo marziano.
Testo Cristina Zangelmi con la consulenza di Mario Carpino e Ginevra Trinchieri
Alcuni testi tratti dal blog Di pane e di stelle dell’Osservatorio Astronomico di Brera